sabato 31 dicembre 2011

L'anno che verrà.



L'anno vecchio è finito e si fa tempo di bilanci, chissà perché. Che a me i bilanci verrebbe meglio farli a primavera, quando tutto rinasce e ci si lascia alle spalle l'inverno e anche allora, comunque, no. C'è stato un tempo in cui ne facevo di continuo, pesavo sulla bilancia il buono e il poco buono di ogni cosa, di ogni situazione, di ogni anno passato, oggi non è più così. Non c'è il buono o il poco buono in un anno, c'è un agire coerentemente con il proprio sentire e l'agire contro se stessi. E riguardo ai bilanci, molte cose in un anno si concludono, progetti, rapporti, opere. E molte altre cominciano, cose di cui ancora è forse presto parlare ma di cui si sono magari gettati i semi. Tutto, finché si vive, è in divenire e i bilanci sono una sezione delle onde del mare, ma le onde continuano a muoversi mentre i bilanci restano fermi, dandoci un quadro falsato della realtà. Leggendo oggi gli anni passati non vedo annate "cattive" ma momenti in cui ero perso, impaurito, sopraffatto da situazioni sulle quali non ho avuto la forza di impormi. Gli stessi eventi, avessi saputo affrontarli secondo il mio sentire e non secondo una morale o una aspettativa altrui, sarebbero stati altrettanto dolorosi ma non altrettanto distruttivi. Quindi non credo abbia senso augurare un buon 2012 a nessuno di Voi. Auguro invece a tutti la capacità di ascoltarsi sempre e la lucidità per agire in conformità con ciò che sentite. Il resto verrà da solo.

mercoledì 28 dicembre 2011

La poesia è necessaria.

Pierluigi Cappello, Parole povere 

Uno in piedi, conta gli spiccioli sul palmo
l'altro mette il portafoglio nero
nella tasca di dietro dei pantaloni da lavoro.
Una sarchia la terra magra di un orto in salita
la vestaglia a fiori tenui
la sottoveste che si vede quando si piega.
Uno impugna la motosega
e sa di segatura e stelle.
Uno rompe l'aria con il suo grido
perché un tronco gli ha schiacciato il braccio
ha fatto crack come un grosso ramo quando si è spezzato
e io c'ero, ero piccolino.
Uno cade dalla bicicletta legata
e quando si alza ha la manica della giacca strappata
e prova a rincorrerci.
Uno manda via i bambini e le cornacchie
con il fucile caricato a sale.
Uno pieno di muscoli e macchie sulla canottiera
Isolina portami un caffé, dice.
Uno bussa la mattina di Natale
con una scatola di scarpe sottobraccio
aprite, aprite. È arrivato lo zio, è arrivato
zitto zitto dalla Francia, dice, schiamazzando.
Una esce di casa coprendosi un occhio con il palmo
mentre con l'occhio scoperto piange.
Una ride e ha una grande finestra sui denti davanti
anche l'altra ride, ma non ha né finestre né denti davanti.
Una scrive su un involto da salumiere
sono stufa di stare nel mondo di qua, vado in quello di là.
Uno prepara un cartello
da mettere sulla sua catasta nel bosco
non toccarli fatica a farli, c'è scritto in vernice rossa.
Uno prepara una saponetta al tritolo
da mettere sotto la catasta e il cartello di prima
ma io non l'ho visto.
Una dà un calcio a un gatto
e perde la pantofola nel farlo.
Una perde la testa quando viene la sera
dopo una bottiglia di Vov.
Una ha la gobba grande
e trova sempre le monete per strada.
Uno è stato trovato
una notte freddissima d'inverno
le scarpe nella neve
i disegni della neve sul suo petto.
Uno dice qui la notte viene con le montagne all'improvviso
ma d'inverno è bello quando si confondono
l'alto con il basso, il bianco con il blu.
Uno con parole proprie
mette su lì per lì uno sciopero destinato alla disfatta
voi dicete sempre di livorare
ma non dicete mai di venir a tirar paga
ingegnere, ha detto. Ed è già
il ricordo di un ricordare.
Uno legge Topolino
gli piacciono i film di Tarzan e Stanlio e Ollio
e si è fatto in casa una canoa troppo grande
che non passa per la porta.
Uno l'ho ricordato adesso adesso
in questo fioco di luce premuta dal buio
ma non ricordo che faccia abbia.
Uno mi dice a questo punto bisogna mettere
la parola amen
perché questa sarebbe una preghiera, come l'hai fatta tu.
E io dico che mi piace la parola amen
perché sa di preghiera e di pioggia dentro la terra
e di pietà dentro il silenzio
ma io non la metterei la parola amen
perché non ho nessuna pietà di voi
perché ho soltanto i miei occhi nei vostri
e l'allegria dei vinti e una tristezza grande.
"Parole povere" da Mandate a dire all'Imperatore

Pierluigi Cappello, uno dei poeti viventi più importanti a livello mondiale versa in una situazione ignominiosa. E' su una sedia a rotelle senza assistenza e vive ancora in un prefabbricato del 1976 anno del terremoto in Friuli.  Si chiede gli venga attribuita la pensione che la legge Bacchelli prevede. Perfavore, tutti,scrivete una mail a: presidente.consiglio@regione.fvg.it con il testo: Sostengo la proposta di assegnazione dei benefici previsti dalla legge Bacchelli al poeta Pierluigi Cappello.
Inondiamo la casella postale!!!
Mi rivolgo anche agli artisti,giornalisti e chiunque tra i miei contatti,firmate e fate girare perfavore.
L'arte, la cultura, ha bisogno della sua poesia.
Grazie.

Condividete e fate condividere.
Questo appello non è mio, l'ho raccolto in rete, ma lo condivido pienamente. Di quasi tutto si può fare a meno, ma la poesia è necessaria.

lunedì 26 dicembre 2011

Invece.

Stasera volevo chiudere il blog. Avevo già scritto il post, spiegando tutte le ottime ragioni per cui avevo maturato la decisione, del resto intuibile da tempo visto che scrivo sempre meno. Stavo per cliccare su pubblica ma ho aspettato, atteso, cercato qualcos'altro da fare. E procrastinando mi è capitato tra gli occhi un post di Sul Divano, ho seguito la traccia e all'improvviso c'era questa cosa che non si può non condividere, e la voglia di chiudere il blog mi è passata. Forse vivere spesso è così, resistere il tempo necessario a che il mondo ti stupisca un'altra volta, saper procrastinare quanto basta a ritrovare il desiderio di condividere qualcosa. Soprattutto, forse, avere la speranza che qualcosa in grado di meravigliarti esista, e stia aspettando te. Allora per stasera non si chiude. Si posta questo; invece.

giovedì 15 dicembre 2011

14/11/2011

C’è molta gente, la piazza lentamente si è riempita, per metà sono nati in italia per metà altrove, ma sono due metà che convivono fianco a fianco, niente gruppi o capannelli, molti sono da soli, qualcuno in coppia. Negli sguardi di tutti, una domanda inespressa, uno stupore doloroso, una ferita che aspetta una risposta. Parlano uno dopo l’altro, le prime parole che ascolto sono di ringraziamento e mi procurano un senso di forte straniamento. Ringraziano gli italiani, che per la grande maggioranza sono lì e non sono come il pazzo che ieri ha ucciso due persone soltanto per il colore della loro pelle. Penso che vorrei tanto crederci e mi dico che sì, forse non sono proprio come quello lì, che ha agito una pulsione di annullamento che diventa omicidio, ma sono intrisi, contaminati, immersi in quella cultura che a quella azione, a quella pazzia ha dato la carica come a un pupazzo a molla. Parla qualcun altro e le prime parole sono bellissime. Nella lingua senegalese non esiste la parola straniero, esiste solo la parola ospite. Penso ai giapponesi, che non hanno nel vocabolario la parola trasgressione e per un’attimo mi sembra che la lingua sia una chiave perfetta per capire una cultura. Nessuno è straniero al mondo. La voce continua e parla dei compagni senegalesi, nostri ospiti e che in passato abbiamo trattato fin troppo male, parla degli appartamenti affittati in nero a quindici, venti persone ammassate, delle ronde antiabusivi volute dal comune, del rispetto che si deve all’uomo prima che alla legge. E’ il capo dei carabinieri che parla, e mi stupisco ancora una volta di sentire in bocca a chi rappresenta una istituzione militare storicamente vicina ai regimi parole come i nostri compagni senegalesi. Ma sbaglio io, perché anche lui è un uomo, prima del rappresentante di una istituzione. Poi arrivano loro. Li vedo da lontano, riconoscendoli per come si muovono più e prima che per il resto. Capelli corti, robusti, l’aria strafottente di chi non è lì per ascoltare. La donna col microfono sta parlando dell’uomo che ieri ha provocato tutto questo e uno di loro urla “Era solo un fascio!”, e anche questa è violenza. si dividono a gruppi di tre e si incuneano tra la folla, tenendosi continuamente in contatto con gli occhi. Poi sul palco arriva il loro capo e parla di responsabilità politiche, fa i nomi delle associazioni neofasciste che l’uomo di ieri frequentava e dalla claque partono applausi e urla, qualcuno lo prega di andarsene, non siamo lì per questo, a malincuore lascia il microfono e dalla solita claque parte una specie di motto imparato a memoria. Non ricordo cosa dicesse ma non ha importanza. Perché a quel punto se ne sono andati, indifferenti al motivo per cui noi tutti eravamo lì. Casapound o CPA è la stessa roba, quando diventa ideologia, quando porta a un “noi e loro”, quando passa avanti all’essere umano allora diventa la stessa merda che ha portato noi tutti ad essere qui oggi, perché un pazzo ha smesso di vedere uomini e donne ma ha cominciato a dividere il mondo in bianchi e neri. In senegalese la parola straniero non esiste, prendiamo esempio e cominciamo a cancellarla dai vocabolari, rifiutiamola.

domenica 6 novembre 2011

Melancholia


Se non siete sicuri se andare o no a vedere questo film, gustatevi il video qua sopra e risparmiatevi gli otto euri del biglietto. Tutto quanto il film ha da dire, nel bene e nel male, lo trovate lì, nei primi minuti del prologo. E di cose belle, in quegli otto minuti, secondo me ce ne sono. Il problema sono l'altra ora e cinquanta minuti di film, equamente divisa in due capitoli dedicati rispettivamente al personaggio di Justine (Kirsten Dunst) e a quello della sorella Claire (Charlotte Gainsbourg). Di cosa parla, Melancholia? E' la storia di una persona (la Dunst) affetta da una profonda depressione, che alla festa del matrimonio riesce ad abbandonare il marito, a mollare il lavoro, a con uno sconosciuto qualcosa che non è neppure scopare, è solo annichilimento, implacabile autodistruzione. la cosa è più comprensibile una volta incontrati mamma e papà (Charlotte Rampling che ripete ossessivamente esci subito da qui alla figlia angosciata è agghiacciante). Justine non sa vivere, non sa più alzarsi dal letto, non sa prendere un taxi, tutto intorno a lei, persone che si muovono in un benessere che le separa dalla realtà, senza niente da fare se non girare intorno al proprio ombelico. Justine è intelligente e l'intelligenza è la sua chiave, in due occasioni se deve offendere qualcuno usa la parola stupido, perché lei stupida non è e vede quindi chiaramente che moriremo tutti con la stessa inutile chiarezza con cui riesce a contare i fagioli. La morte infatti è il tema del film, ossessione della protagonista, impersonata dal pianeta Melancholia che ci investirà. Non c'è alcun luogo dove scappare, dice Trier, da questa vita non usciremo vivi. Il che è abbastanza ovvio per una buona percentuale di noi senza che sentiamo il bisogno di urlarlo a degli sconosciuti per ore. Quando la morte si avvicina e diventa ovvia per tutti, Justine recupera una parvenza di normalità, sfoggia una razionalità che sembra renderla superiore mentre è solo il segno di un distacco da qualunque sentire, nella morte sembra trovare conforto, è ciò a cui tende e infatti la vediamo masturbarsi, di notte, alla luce del pianeta che ci investirà (a proposito, belle tette la Dunst, non ci avevo mai fatto caso). Anche il marito di Claire (Kiefer Sutherland finalmente meno bolso del solito) è molto razionale e infatti una volta avuta la prova che moriremo tutti, corre a suicidarsi nella stalla. In effetti, perché aspettare? E' davvero tutta qui la domanda che pone il film: Trier ripropone la domanda che Camus introduce nel Mito di Sisifo, ovvero se di fronte al fatto che comunque morremo, abbia senso o no rimandare il suicidio. Eppure il film offre spunti di riflessione, innanzitutto sulla depressione, che è evidentemente la forma suprema di egoismo, in cui gli altri, semplicemente, non esistono o non hanno alcun reale impatto sulla vita della protagonista. Anche nei confronti della religione, Trier sembra assumere un atteggiamento di delusione: Justine parla della vita sulla terra come "cattiva" e parla per categorie di bene/male, la madre sembra pregare a mani giunte in camera sua ma sta solo facendo stretching e, alla fine del film, Justine che ha negato alla sorella l'illusione di un senso nella bellezza ("Potremmo aspettare in terrazzo, bevendo vino e ascoltando Beethoven"), inventa una caverna magica fatta di rami per il nipotino, un luogo capace di proteggerli, e lì aspetteranno la fine, tenendosi per mano. Fine che arriva, ovviamente, incenerendoli: la menzogna magica, religiosa, dice Trier, è buona solo per i bambini. Ma il vero punto di riflessione è l'apparente incapacità del regista di farsi una ragione di un semplice dato di realtà: poiché siamo nati, moriremo. Superare questo punto e andare oltre rappresenta un passo importante nella maturità che Trier, evidentemente, deve ancora compiere.

giovedì 6 ottobre 2011

Il discorso di Stanford




Voglio raccontarvi tre storie della mia vita. Tutto qui, niente di eccezionale: solo tre storie. La prima storia è su una cosa che io chiamo 'unire i puntini' di una vita. Quand'ero ragazzo, ho abbandonato l'università, il Reed College, dopo il primo semestre. Ho continuato a seguire alcuni corsi informalmente per un altro anno e mezzo, poi me ne sono andato del tutto. Perché l'ho fatto? è iniziato tutto prima che nascessi. La mia mamma biologica era una giovane studentessa universitaria non sposata e quando rimase incinta decise di darmi in adozione. Voleva assolutamente che io fossi adottato da una coppia di laureati, e fece in modo che tutto fosse organizzato per farmi adottare sin dalla nascita da un avvocato e sua moglie. Però, quando arrivai io, questa coppia - all'ultimo minuto - disse che voleva adottare una femmina. Così, quelli che poi sarebbero diventati i miei genitori adottivi, e che erano al secondo posto nella lista d'attesa, ricevettero una chiamata nel bel mezzo della notte che gli diceva: "C'è un bambino, un maschietto, non previsto. Lo volete?". Loro risposero: "Certamente!". Più tardi la mia mamma biologica scoprì che questa coppia non era laureata: la donna non aveva mai finito il college e l'uomo non si era nemmeno diplomato al liceo. Allora la mia mamma biologica si rifiutò di firmare le ultime carte per l'adozione. Poi accettò di farlo, mesi dopo, solo quando i miei genitori adottivi promisero formalmente che un giorno io sarei andato al college. Questo è stato l'inizio della mia vita.

Così, come stabilito, parecchi anni dopo, nel 1972, andai al college. Ma ingenuamente ne scelsi uno troppo costoso, e tutti i risparmi dei miei genitori finirono per pagarmi l'ammissione e i corsi. Dopo sei mesi non riuscivo a trovarci nessuna vera opportunità. Non avevo idea di quello che avrei voluto fare della mia vita e non vedevo come il college potesse aiutarmi a capirlo. Eppure ero là, che spendevo tutti quei soldi che i miei genitori avevano messo da parte lavorando per tutta una vita.

Così decisi di mollare e di avere fiducia, che tutto sarebbe andato bene lo stesso.

Era molto difficile all'epoca, ma guardandomi indietro ritengo che sia stata una delle migliori decisioni che abbia mai preso in vita mia.

Nel momento in cui abbandonai il college, smisi di seguire i corsi che non mi interessavano e cominciai invece a entrare nelle classi che trovavo più interessanti.

Non è stato tutto rose e fiori, però. Non avevo più una camera nel dormitorio, ed ero costretto a dormire sul pavimento delle camere dei miei amici. Guadagnavo soldi riportando al venditore le bottiglie di Coca-Cola vuote per avere i cinque centesimi di deposito e potermi comprare da mangiare. Una volta la settimana, alla domenica sera, camminavo per sette miglia attraverso la città per avere finalmente un buon pasto al tempio degli Hare Krishna: l'unico della settimana. Ma tutto quel che ho trovato seguendo la mia curiosità e la mia intuizione è risultato essere senza prezzo, dopo. Vi faccio subito un esempio.

Il Reed College all'epoca offriva probabilmente i migliori corsi di calligrafia del Paese. In tutto il campus ogni poster, ogni etichetta, ogni cartello era scritto a mano con calligrafie meravigliose. Dato che avevo mollato i corsi ufficiali, decisi che avrei seguito la classe di calligrafia per imparare a scrivere così. Fu lì che imparai i caratteri con e senza le 'grazie', capii la differenza tra gli spazi che dividono le differenti combinazioni di lettere, compresi che cosa rende grande una stampa tipografica del testo. Fu meraviglioso, in un modo che la scienza non è in grado di offrire, perché era bello, ma anche artistico, storico, e io ne fui assolutamente affascinato.

Nessuna di queste cose, però, aveva alcuna speranza di trovare un'applicazione pratica nella mia vita. Ma poi, dieci anni dopo, quando ci trovammo a progettare il primo Macintosh, mi tornò tutto utile. E lo utilizzammo per il Mac. è stato il primo computer dotato di capacità tipografiche evolute. Se non avessi lasciato i corsi ufficiali e non avessi poi partecipato a quel singolo corso, il Mac non avrebbe probabilmente mai avuto la possibilità di gestire caratteri differenti o spaziati in maniera proporzionale. E dato che Windows ha copiato il Mac, è probabile che non ci sarebbe stato nessun personal computer con quelle capacità. Se non avessi mollato il college, non sarei mai riuscito a frequentare quel corso di calligrafia e i personal computer potrebbero non avere quelle stupende capacità di tipografia che invece hanno. Certamente, all'epoca in cui ero al college era impossibile per me 'unire i puntini' guardando il futuro. Ma è diventato molto, molto chiaro dieci anni dopo, quando ho potuto guardare all'indietro.

A mai piú

È morto Steve Jobs. Non ho parole, è stato un genio e un faro, una fonte di ispirazione costante che ha influenzato profondamente la vita di tutti. A mai piú Steve. Mi mancherai.


mercoledì 5 ottobre 2011

Tornare a est.

Leggo molto, in questi giorni, sulle leggi inevitabilmente sempre più infami che questa classe politica continua a sfornare, ormai avvitata su se stessa in una caduta verticale di cui si comincia appena ad intravedere l'esito finale. Nessuna sorpresa, la soppressione delle libertà civili diventa sempre più brutale ed evidente quanto più si esaurisce il consenso che finora aveva consentito a costoro di rinunciare, pur malvolentieri, al manganello. Una rinuncia post ideologica, amorale, mantenuta finora per pura convenienza, per solo calcolo del rapporto costi/benefici. Più il consenso si erode, tanto più manifesta diventa la violenza del potere, in una progressione geometrica il cui esito disastroso è ormai difficilmente disinnescabile. Una delle conseguenze positive, volendo trovarci del buono, è che molti cominciano ad aprire gli occhi, ma sempre molto lentamente. Prendiamo il caso di Wikipedia e del famigerato decreto "ammazzablog": si paventa la chiusura dei blog italiani, Wikipedia oscura la prima pagina e, quindi, la popolazione (quella che ancora ha una relazione col mondo in cui vive, e non credo sia la maggioranza), giustamente, si indigna e si mobilita. L'Italia, si legge, rischia di diventare come l'Iran, la Birmania o la Cina, e la notizia dell'articolo 29 riempie le prime pagine dei giornali. E questo accade giustamente, anzi è una bella cosa che ci dimostra che siamo ancora capaci di indignarci, tutto sommato. Però, quando domattina l'articolo 29 sarà emendato o stralciato dalla norma, come appare ormai ovvio, l'effetto sarà che tutti parleranno di questa "vittoria", e diverrà impossibile mantenere lo stesso livello di attenzione su tutti gli altri articoli, ugualmente liberticidi e infami, di quel decreto legge. Mi torna in mente quel piccolo gioiello di leggerezza e poesia che è "A Ovest di Paperino" e, in particolare, alla scena in cui Athina Cenci avvicinava uno sconosciuto.

«Scusa, c'hai mica centomila lire?»
«EH???»
«T'ho fatto paura eh? Dammi cento lire, vai!»

Ecco, la classe politica attuale perpetra da anni lo stesso giochino, anche se in modo violento, privo della fantasia del film. Minacciano di chiudere internet, poi quando lo sdegno costringe alla ennesima, prevista marcia indietro (ma se non ci fossimo sdegnati sarebbero stati ben felici di andare fino in fondo, di questo non bisogna dubitare nemmeno un secondo), approfittano del momento in cui tutti tirano il fiato per infilare qualche altra porcata. Siamo in mano a dei dittatori, non violenti soltanto finché la violenza non converrà. Coi dittatori non si tratta né si firmano tregue.

domenica 28 agosto 2011

Codex Seraphinianus


Tanti, tanti anni fa, quando ero ancora un bambino, una delle poche riviste a entrare in casa nostra era FMR, periodico di élite edito da Franco Maria Ricci, prezioso sia nel prezzo che nei contenuti, che ha avuto vita breve ed ha incarnato in qualche modo la ricchezza di quegli anni. Un numero fu dedicato interamente alla presentazione del Codex Seraphinianus, opera di Luigi Serafini che poi Franco Maria Ricci pubblicò integralmente. Il tempo mi aveva fatto dimenticare tutto meno i suoi disegni, oggi per una serie di coincidenze e rimbalzi sono riuscito a dare un nome ed un titolo a quei ricordi ed in un paio di clic, grazie a internet e a google, posso goderne di nuovo e per intero. E niente, non ci sono considerazioni particolari, solo la voglia di condividere qualcosa di bello.

mercoledì 24 agosto 2011

Matti

Qualche giorno fa sono finalmente riuscito a partecipare ad una delle passeggiate organizzate da Chille de la Balanza all'interno dell'ex manicomio di San Salvi, luogo tra i più belli e pieni di memoria di Firenze. Tra le molte suggestioni ed emozioni, due in particolare. Tre diverse lettere, scritte da due diversi internati in periodi storici assai distanti. Due di queste lettere narrano la metamorfosi di Giacomo Tarantini, quella normale e ragionevole scritta prima della "cura" a base di elettroshock e reclusione nel sesto reparto uomini, e quella scritta dopo, quando ormai gli avevano fatto entrare dentro a forza le acca, ed era diventato Giachomho Vhon Taranthinhi, come racconta Ladoratrice.

L'altra lettera, però, è quella che mi ha colpito di più, grazie alla succitata Ladoratrice e ai suoi riflessi ferini posso oggi riportarla per intero. 

Eccola:

"Alcuni di noi spesso si trovano in manicomio perché la società non ha nervi abbastanza saldi per sopportarci.

Perciò prima sarebbe necessario curare la società alla quale ci dovremmo nuovamente inserire.

Un lavoro non regolarmente rapportato alle capacità fisiche e intellettuali di un individuo, credo che influisce molto negativamente sulla sua salute.

Un lavoro mal retribuito credo lo avvilisce e lo umilia e le arreca sempre danno alla salute e all'equilibrio mentale.

Un ambiente dove un ex ricoverato viene guardato o trattato (a volte sfottuto) come un essere diverso, non è abbastanza adatto.

La libertà è soggetta a limiti di usi e di costumi, ma molto di più è soggetta alle capacità finanziarie."

Angelo.

In quello che scrive Angelo la pazzia non si vede, ma i manicomi erano, e potrebbero essere di nuovo, luoghi in cui seppellire chi non fa comodo, per questioni di eredità, di convenienza o per motivi politici. A Volterra esisteva addirittura un reparto anarchici, come se l'anarchia fosse di per sé segno certo di squilibrio mentale, e a chi pensa che oggi questo non potrebbe succedere più consiglio la lettura di questo articolo sull'uso politico del TSO a Genova durante il G8. Il manicomio era un luogo in cui si perdeva ogni diritto, si diveniva meno che umani, oggetti da archiviare, in attesa dell'unica liberazione possibile, la morte. Dal manicomio infatti non si usciva, mai, nemmeno con le parole e, infatti, la corrispondenza in entrata ed in uscita dal carcere era semplicemente soppressa. Occorre preservare la memoria di ciò che è stato, perché la memoria dell'orrore è l'unico modo per essere certi che quell'orrore non torni.

mercoledì 10 agosto 2011

Die kunst der fuge


Sono un sacco di giorni che non metto piede qui dentro, più di un mese. Ormai non aprivo questa pagina nemmeno per controllare i link, che comunque trovo quasi identici in altri luoghi. Mi chiedevo perché, poi ho capito. Si scrive di quello che si fa, si pensa, si desidera, si teme, si odia o si ama. Non si può scrivere senza essere. E io ultimamente non sono stato. Frastornato dalla realizzazione di Terre Rare, assorbito da altrove in cui la mia presenza è utile, ma non necessaria, votato alla risoluzione di logistiche, alla semplificazione dei problemi, alla eliminazione dell'impiccio, di me non resta neppure il più piccolo riflesso, nello specchio del desiderio. Scomparso, sparito. Facile fuga consueta, la mia, comodo arrocco, assistenzialismo pretesco e vile di chi aiuta a camminare quello con la gamba rotta mentre nasconde sotto il camice la sua deformità. Arriva l'estate e come ogni volta mi trovo assente, incapace di organizzare un viaggio, una vacanza, una gita. Odio il mese di agosto, odio dover decidere cosa fare di me in questi giorni in cui tutti da qualche parte sono, e fanno quello che desiderano. Mentre io, ancora una volta, non andrei da nessuna parte, dormirei soltanto, in attesa di poter di nuovo essere per. E da questo, ritagliarmi fughe. Com'è difficile uscirne. L'anno prossimo, ecco. L'anno prossimo a Predoi. Ma intanto anche a Genova, tra qualche giorno. Un passo alla volta, che le rivoluzioni così si fanno.

giovedì 7 luglio 2011

Post post ferie

In realtà a questo punto sarò già tornato, ma sicuramente oggi non avrò tempo di mettere niente sul blog, quindi godetevi l'ultimo video di questa serie, e speriamo che la delibera di ieri di AGCOM non abbia stabilito che sarà l'ultimo in tutti i sensi.

mercoledì 6 luglio 2011

Oggi sapremo


Oggi sapremo se sarà ancora possibile in italia vedere, grazie a internet, cose doverse da quelle che Mediaset, Rai e La7 hanno scelto per noi. Come questa.

martedì 5 luglio 2011

Domani mattina tutto questo potrebbe sparire

Starò via qualche giorno. Ecco perché ho deciso di programmare un po' di video, roba che in italia non passa e non passerà mai in tv, e che se il prossimo 6 luglio verrà approvata la delibera di AGCOM non troverete più nemmeno su youtube.

lunedì 4 luglio 2011

Un video al giorno


Starò via qualche giorno. Ecco perché ho deciso di programmare un po' di video, roba che in italia non passa e non passerà mai in tv, e che se il prossimo 6 luglio verrà approvata la delibera di AGCOM non troverete più nemmeno su youtube.

domenica 3 luglio 2011

Presente per ferie

Starò via qualche giorno. Ecco perché ho deciso di programmare un po' di video, roba che in italia non passa e non passerà mai in tv, e che se il prossimo 6 luglio verrà approvata la delibera di AGCOM non troverete più nemmeno su youtube.

sabato 2 luglio 2011

Quello che la delibera di AGCOM non vi permetterebbe di vedere


Starò via qualche giorno. Ecco perché ho deciso di programmare un po' di video, roba che in italia non passa e non passerà mai in tv, e che se il prossimo 6 luglio verrà approvata la delibera di AGCOM non troverete più nemmeno su youtube.

venerdì 1 luglio 2011

Adotta un parlamentare

Su questo sito, interamente costruito e mantenuto da una comunità aperta di cittadini, si tiene traccia della attività di tutti i parlamentari, dei loro voti, della loro produttività, delle presenze ed assenze nel parlamento, dei loro incarichi e così via. Considero Beppe Grillo un qualunquista e, di conseguenza, un reazionario suo malgrado, ma una delle poche cose su cui concordo col suo pensiero è questa: i parlamentari sono nostri dipendenti. Penso che tornerò a parlare di questo concetto ma, per il momento, mi premeva segnalare un mezzo nuovo ed estremamente potente per cambiare le cose in questo paese.

giovedì 30 giugno 2011

La certificazione del regime

Un paese in cui un organo amministrativo può chiudere qualsiasi sito web senza il coinvolgimento dell'autorità giudiziaria e senza che nessun organo possa valutare la legittimità delle sue decisioni, non è una democrazia.

Questo è esattamente quello che l'attuale maggioranza di governo sta per fare con l'attribuzione all' AGCOM del potere assoluto di censura del web. E, va detto, grazie alla sostanziale e colpevole indifferenza dell'opposizione. Le censure non sono mai viste troppo male da chi governa, come illustra perfettamente il Dalemapensiero sulle intercettazioni telefoniche, e se si fa passare sotto silenzio una grave porcata come quella che sta per essere messa in atto, si potrà poi sfruttarla a proprio favore nella prossima legislatura.

In questi giorni riflettevo sulla rivoluzione silenziosa e sulla democrazia. Il nemico del popolo è il potere. Qualunque potere. L'unico modo per ottenere giustizia sociale è strappare il potere dalle mani di chi lo detiene e distribuirlo il più equamente possibile. Strumento del potere dal basso, in tutte le rivoluzioni di questa primavera, è stata internet. Normale che adesso in Italia, che non è certo un paese liberale, la si voglia imbavagliare.

E non ci si faccia ingannare dalla bufala dei diritti d'autore. Qualsiasi blog, spazio, pagina di facebook, post su tumblr e via dicendo è una violazione del diritto d'autore. Le immagini, le frasi citazioni, gli stessi link costituiscono, o potrebbero essere letti come, una violazione del diritto d'autore. Internet ed il paradigma di ipertesto costituiscono di fatto un superamento del diritto d'autore. Fate un rapido conto: quante immagini, citazioni, frasi, link contiene il vostro spazio su internet di cui non potete dimostrare di detenere i diritti? Questo è il grimaldello perfetto per decidere, arbitrariamente, di chiudere qualsiasi pagina scomoda, oltretutto col pretesto di difendere dei diritti, e non di esercitare una censura politica.

Dice bene Gilioli: dopo la vittoria del referendum era logico aspettarsi un attacco alla rete, che quella vittoria ha reso possibile.

Qui e qui approfondimenti, questa e quest'altra invece le pagine per la mobilitazione online. Ma non basta. Occorre scendere in piazza e farsi valere, dare corpo alle esigenze minime di libertà che costituiscono il presupposto minimo per continuare a ritenersi cittadini di questo paese.

martedì 21 giugno 2011

Serate


Posto poco, ultimamente. Dormo anche, poco, e spesso mi perdo tra i pensieri. Un annuncio domenica segna una separazione importante, e penso a mani un tempo paffute e ora non più, che presto accarezzeranno spiagge assolate e ad occhi dolci che vivranno la loro vita altrove, almeno per un po'. E' normale realizzarsi, anche con distacchi che in fondo ho sempre favorito. Eppure l'annuncio mi spiazza, e dopo le feste e l'entusiasmo per questo passo importante mi sento anche un po' sperso, come se un pezzo della mia identità si trasformasse in qualcosa di diverso. Adesso che non ho addosso la responsabilità di esserci, mi trovo ad averne la voglia, e come al solito faccio i conti con me stesso, e con la vita che passa. Forse anche per questo è importante trovare il desiderio di approfittare di una occasione e, senza risparmiarsi, godere di una serata diversa.

lunedì 13 giugno 2011

SIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!


PEPEPEPEPEPE PEPEPEPEPEPE PEPEPEPEPEPE PEPE.... ZARZUERA ZARZUERA.... BRIGITTE BARDOT BARDOT....

Partecipazione



Giorni fa avevo aderito all'iniziativa del battiquorum, dove se automuniti si poteva dare disponibilità per accompagnare un anziano o un disabile a votare. Così due giorni fa mi hanno mandato il nome e l'indirizzo di quella che ho scoperto oggi essere una simpatica anziana signora. E' stata una bellissima esperienza, la signora in questione è una poetessa e scrittrice con all'attivo una venticinquina di libri e numerose collaborazioni a riviste letterarie. Mi ha persino regalato tre sue opere, che adesso sono in attesa di lettura. La cosa che mi ha sorpreso di più è stata però l'atmosfera generale, ai seggi. Ho incontrato persone gioiose, felici di essere lì ad esercitare un loro diritto, e per la prima volta da molto molto tempo ho notato sui volti di tutti un sorriso scambievole, un salutarsi quasi affettuoso tra sconosciuti. Un senso di partecipazione. E penso che se dovesse durare, se davvero gli italiani scoprissero di potersi riappropriare della loro vita e del loro paese, se questo senso di appartenere ad una comunità durasse, sarebbe una conquista ben più grande del quorum e del bando del nucleare. Sarebbe la speranza di una trasformazione possibile e, quindi, irrinunciabile.

giovedì 9 giugno 2011

Traguardi


È finito.
Dopo tre anni e mezzo, innumerevoli difficoltà, scrivendo di notte e rubando il tempo al sonno, è finito. Sono 662 pagine ed è un libro che mi piacerebbe leggere, se lo trovassi in giro, che è la cosa migliore che possa dire di qualsiasi libro. Le volte in cui ho pensato che non sarei riuscito a scriverlo come mi sarebbe piaciuto sono state molte, ed è bello sapere che avevo torto. A lasciar perdere invece, nonostante le difficoltà ed i momenti in cui non sapevo come sarei riuscito a cavare la gambe da un particolare capitolo, non ho mai pensato. Devo dare il giusto credito anche a Mirco, coautore, sodale in questa avventura che senza di lui non sarebbe nemmeno mai iniziata. Adesso è qui, davanti a me, in forma virtuale, e tra pochi giorni lo terrò tra le mani, nelle copie destinate al gruppo di lettura. È una soddisfazione immensa, e sono felice. Adesso ovviamente comincia la parte difficile. Le limature, i consigli del gruppo di lettura, l'editing. E poi la maratona per trovare un editore che gli dia una chance. Ma questo è domani. Stasera mi godo il traguardo.

martedì 7 giugno 2011

Referendum



Copio e incollo l'articolo di Serena Bianchi da questo sito:

Privatizzazione dell’acqua, energia nucleare e legittimo impedimento, sono questi i quesiti sui quali ci esprimeremo al referendum del 12 e 13 giugno. Dopo un iniziale dietrofront del Governo sul nucleare, la decisione della Corte Suprema ha stabilito che anche su questo referendum avremo facoltà di voto, potendo abrogare non più la norma originale, ma quella modificata dal decreto governativo. Purtroppo non sappiamo ancora come sarà risolto il problema del voto già espresso dagli italiani residenti all'estero, i quali hanno già largamente votato, ma sul vecchio quesito.

Prendiamo in esame tutte e quattro le schede. Dall’acqua al legittimo impedimento, passando dalnucleare. Proviamo a capire i quattro quesiti, come si vota e cosa succederebbe con il nostro voto. 
Premessa fondamentale: il referendum del 12 e 13 giugno è abrogativo, ovvero si vota SI se si è favorevoli all'abrogazione della legge in vigore. I decreti in questione sono già stati approvati dal Parlamento, quindi il cittadino deve decidere se far cadere o meno tali leggi. Votando SI, dichiariamo di non essere favorevoli al mantenimento delle leggi su acqua, nucleare e legittimo impedimento. Votando NO, dichiariamo di essere d’accordo con quanto già in essere.

PRIVATIZZAZIONE DELL'ACQUA uno e due

L’acqua non si vende. È lo slogan utilizzato dal Comitato Referendario “2 SI’ per l’Acqua Bene Comune”.
1) Il primo quesito, secondo la denominazione sintetica formulata dall’Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte Suprema di Cassazione, è il seguente:
Modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici di rilevanza economica. Abrogazione
«Volete voi che sia abrogato l'art. 23 bis (Servizi pubblici locali di rilevanza economica) del decreto legge 25 giugno 2008 n.112 "Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria" convertito, con modificazioni, in legge 6 agosto 2008, n.133, come modificato dall'art.30, comma 26 della legge 23 luglio 2009, n.99 recante "Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia" e dall'art.15 del decreto legge 25 settembre 2009, n.135, recante "Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della corte di giustizia della Comunità europea" convertito, con modificazioni, in legge 20 novembre 2009, n.166, nel testo risultante a seguito della sentenza n.325 del 2010 della Corte costituzionale?»
Votando SI: si dice NO alla privatizzazione dell’acqua
Si propone l’abrogazione dell’art. 23 bis (dodici commi) della Legge n. 133/2008 , relativo alla privatizzazione dei servizi pubblici di rilevanza economica.
La normativa, approvata dal Governo Berlusconi, stabilisce come modalità ordinarie di gestione del servizio idrico l’affidamento a soggetti privati attraverso gara o l’affidamento a società a capitale misto pubblico-privato, all’interno delle quali il privato sia stato scelto attraverso gara e detenga almeno il 40%.
Così facendo, andrebbero a finire definitivamente sul mercato le gestioni dei 64 ATO Acqua (gestori pubblici delle risorse idriche) che attualmente non hanno proceduto "ad affidamento" o che hanno affidato la gestione del servizio idrico a società a totale capitale pubblico. Non solo, la norma disciplina le società miste collocate in Borsa che, se vorranno mantenere l'affidamento del servizio, dovranno diminuire la quota di capitale pubblico al 40% entro giugno 2013 e al 30% entro il dicembre 2015.

Il secondo quesito, recita: “Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all'adeguata remunerazione del capitale investito. Abrogazione parziale di norma
«Volete voi che sia abrogato il comma 1, dell’art. 154 (Tariffa del servizio idrico integrato) del Decreto Legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 “Norme in materia ambientale”, limitatamente alla seguente parte: “dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito”?».
Votando SI: si dice NO ai profitti sull’acqua
Si propone l’abrogazione dell’’art. 154 del Decreto Legislativo n. 152/2006 (c.d. Codice dell’Ambiente), limitatamente a quella parte del comma 1 che dispone che la tariffa per il servizio idrico è determinata tenendo conto dell’ “adeguatezza della remunerazione del capitale investito”.
L'abrogazione parziale è legata alla parte di normativa che permette al gestore del servizio idrico di ottenere profitti garantiti sulla tariffa, caricando sulla bolletta dei cittadini un 7% a remunerazione del capitale investito, senza alcun collegamento a logiche di reinvestimento per il miglioramento qualitativo del servizio stesso.


ENERGIA NUCLEARE

Secondo la denominazione sintetica formulata dall’Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte Suprema di Cassazione, il quesito sull'atomo è il seguente:
Nuove centrali per la produzione di energia nucleare. Abrogazione parziale di norme
Il quesito referendario è stato presentato dall’Italia dei Valori per dire NO alla realizzazione sul territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare. La norma fa parte del decreto legge recante "Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria" firmato il 25 giugno 2008 e convertito in legge "con modificazioni" il 6 agosto dello stesso anno.
«Volete voi che sia abrogato il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nel testo risultante per effetto di modificazioni ed integrazioni successive, recante Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, limitatamente alle seguenti parti: art. 7, comma 1, lettera d: realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare?».

Votando SI: si dice NO al ritorno del nucleare in Italia
Il comitato “vota SI per fermare il nucleare” spiega le ragioni del voto abrogativo. Ve ne segnaliamo alcune:
1. Le centrali nucleari non sono sicure
Non stiamo parlando solo di Fukushima, ma anche di nuovi reattori. Sono già tre le agenzie europee per la sicurezza nucleare che hanno bocciato il reattore EPR di Areva, lo stesso che Enel vorrebbe costruire in Italia: sono la britannica HSE’sND, la finlandese STUK e la stessa agenzia francese ASN.
2. Anche se siamo circondati da reattori non significa che costruirli in Italia  manterrebbe inalterato il rischio.
Il rischio in caso di incidente nucleare è puntuale, ovvero è tanto maggiore quanto si è più vicini alla sorgente di radiazioni. E Fukushima ne è un esempio.
3. La questione delle scorie nucleari non è risolta.
Attualmente non esistono soluzioni valide. Dalla “vetrificazione” ai depositi definitivi, nulla sembra funzionare. Pensate che negli Stati Uniti è dal 1978 che si sta studiando un deposito definitivo per le scorie radioattive a più alta intensità nel sito di Yucca Mountain, nel deserto del Nevada. I suoi costi di costruzione supereranno i 54 miliardi di dollari e non è affatto certo che entrerà mai in funzione.
4. Il nucleare non costa meno e i numeri dimostrano che nel mondo non vi è alcun rilancio.
Le stime più recenti fatte negli Stati Uniti dimostrano che al 2020 il costo del kilowattora nucleare da nuovi impianti sarà maggiore del 75% rispetto a quello del gas e del 27% rispetto all’eolico. Tutto a carico dei contribuenti. Non solo, in termini relativi il peso del nucleare nella produzione globale di elettricità è sceso dal 17,2% del 1999 al 13,5% del 2008 (International Energy Agency, 2010). Siamo veramente sicuri che sia l’energia del futuro?
A seguito del disastro nucleare di Fukushima Daijchi, il governo italiano ha emanato il decreto legge n.34/2011 che, all'art. 5 prevede una moratoria di un anno sull'avvio del programma nucleare italiano. Ad aprile, con un emendamento al decreto omnibus 2011, il Governo ha aperto la strada ad un'ulteriore modifica della normativa sul nucleare oggetto del terzo quesito referendario.
Tale emendamento concede allo stesso governo di riaprire la questione nucleare in Italia una volta acquisite "nuove evidenze scientifiche mediante il supporto dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza, tenendo conto dello sviluppo tecnologico e delle decisioni che saranno assunte a livello di Unione europea".
Era evidente la volontà di rimandare e voler far saltare così il referendum sul nucleare: “Se fossimo andati oggi a quel referendum – ha dichiarato il nostro Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi -  il nucleare in Italia non sarebbe stato possibile per molti anni a venire. Abbiamo introdotto questa moratoria responsabilmente, per far sì che dopo un anno o due si possa tornare a discuterne con un'opinione pubblica consapevole. Siamo convinti che il nucleare sia un destino ineluttabile”. La Corte, come abbiamo visto, ha comunque ribadito che si andrà a votare.


LEGITTIMO IMPEDIMENTO

Le maggiori ripercussioni politiche del referendum arriveranno dall’abrogazione della legge sul legittimo impedimento, proposta dall’Italia dei Valori.
«Volete voi che siano abrogati l'articolo 1, commi 1, 2, 3, 5, 6 nonché l'articolo 1 della legge 7 aprile 2010 numero 51 recante "disposizioni in materia di impedimento a comparire in udienza?».
Ad aprile del 2010 il Sole 24 Ore proponeva una guida alla lettura per spiegare, passo per passo, tutte le novità contenute nelle nuove norme sul legittimo impedimento. La potete trovare a questo link.
Sono stati i giudici del Tribunale di Milano a sollevare nell’ambito del processo sul caso David Mills, eccezione di incostituzionalità. A gennaio 2011, la Corte Costituzionale si è poi espressa per il mantenimento della legge, con una sentenza interpretativa che ne ha abrogato alcune parti considerate dalla Corte incompatibili con gli art. 3 e 138 della Costituzione.
L’Italia dei Valori descrive il legittimo impedimento come una delle leggi ad personam varate dal 1994 a oggi dal centrodestra. Ecco alcune delle ragioni presentate dall’Idv per votare SI e abolire il legittimo impedimento:

1. Perché la legge è uguale per tutti, anche per Silvio Berlusconi. Quando smette di esserlo è segno che non c’è più democrazia.
2. Perché se chi governa un paese è accusato di un crimine ha il diritto e il dovere di difendersi. Ma nel processo non dal processo.
3. Perché se al governo c’è un mascalzone i cittadini devono saperlo subito. Non dopo che ha lasciato il governo, quando il danno è già stato fatto.
4. Perché assumere cariche pubbliche è una responsabilità che impone comportamenti trasparenti. Non un privilegio che regala l’impunità ai potenti.
Avevate progetti o programmi per il 12 e il 13 giugnoLa validità del referendum abrogativo, uno dei pochi strumenti in mano ai cittadini per esprimere direttamente la propria volontà democratica, dipende dal raggiungimento del quorum, il 50%+1 degli aventi diritto al voto. Se volete esprimervi, annullate gli impegni; se volete lasciare le cose come stanno, organizzate pure. I temi sono però molto importanti e soffermarsi un po' di più a pensare cosa fare con coscienza e non con imposizione di idee di altri, stavolta ne vale la pena.
Serena Bianchi