giovedì 5 aprile 2012

Quando

Quando il bambino era bambino, 
se ne andava a braccia appese.
Voleva che il ruscello fosse un fiume, 
il fiume un torrente; 
e questa pozza, il mare.

Quando il bambino era bambino, 
non sapeva d'essere un bambino.
Per lui tutto aveva un'anima, e tutte le anime erano tutt'uno.

Quando il bambino era bambino, 
su niente aveva un'opinione.
Non aveva abitudini. 
Sedeva spesso a gambe incrociate, 
e di colpo sgusciava via.
Aveva un vortice tra i capelli, 
e non faceva facce da fotografo.

Quando il bambino era bambino, 
era l'epoca di queste domande.
Perché io sono io, e perché non sei tu? 
Perché sono qui, e perché non sono lí? 
Quando é cominciato il tempo, e dove finisce lo spazio? 
La vita sotto il sole, é forse solo un sogno? 
Non é solo l'apparenza di un mondo davanti a un mondo,
quello che vedo, sento e odoro? 
C'é veramente il male e gente veramente cattiva?
Come puó essere che io, che sono io, non c'ero prima di diventare?
E che un giorno io, che sono io, non saró piú quello che sono?

Quando il bambino era bambino, 
per nutrirsi gli bastavano pane e mela, 
ed é ancora cosí.

Quando il bambino era bambino, 
le bacche gli cadevano in mano, 
come solo le bacche sanno cadere. ed é ancora cosí.
Le noci fresche gli raspavano la lingua, ed é ancora cosí.
A ogni monte, sentiva nostalgia di una montagna ancora piú alta, 
e in ogni cittá, sentiva nostalgia di una cittá ancora piú grande.
E questo, é ancora cosí.
Sulla cima di un albero, 
prendeva le ciliegie tutto euforico, com'é ancora oggi.
Aveva timore davanti ad ogni estraneo, e continua ad averne.
Aspettava la prima neve, e continua ad aspettarla.

Quando il bambino era bambino,
lanciava contro l'albero un bastone, come fosse una lancia.
E ancora continua a vibrare.


Peter Handke

mercoledì 4 aprile 2012

Definire


In un post di molto tempo fa avevo cominciato a raccontare una storia, ed essendo una storia, dicevo, non poteva che parlare di un uomo e una donna. Li avevamo lasciati di fronte ad un ignoto, l'uomo timoroso e diffidente, la donna decisa a capirne di più, e chi pensa che dovrebbe essere il contrario non conosce le donne e nemmeno le storie. Da allora molte cose sono successe di cui non diremo, a quei due. Hanno imparato tanto del mondo intorno a loro e ancora di più del mondo dentro di loro. Sono cambiati rimanendo gli stessi, si sono mescolati gioiosamente, come gioiosamente si mescolano acqua ed olio. Camminando nel vento teso, di notte, a volte hanno perso l'uno i passi dell'altro e si sono trovati a parlare da soli, accorgendosi dopo qualche minuto che l'altro non sentiva perché troppo indietro o troppo avanti e ne hanno riso, nervosamente. Altre volte i passi dell'uno sono affondati nella sabbia, ed è stato facile allora sorreggersi alla spalla dell'altro. È anche successo che la strada fosse spaventosa e uno abbia trovato più semplice dedicarsi a dare buoni consigli tendendo la mano, pur di non affrontare da solo il sentiero a strapiombo. 


«Cos'è questa cosa», si sono chiesti infine?


«Se continuiamo così, io non saprò più se so ancora camminare da solo».


«Ho cercato di esserti utile perché avevo paura di perderti».


«Se camminare insieme diviene indispensabile, come può essere anche desiderabile?».


«Utile è la buca su cui ci accovacciamo ogni mattina. Sii per me inutile, invece. Come una poesia!».


«Era molto più bello quando camminavamo senza nemmeno renderci conto».


«Le persone che sono insieme dicono che sono legate. Come possono camminare?».


«Finché nessuno dei due si preoccupava dei passi dell'altro eravamo sempre appaiati, lo so perché quando c'era da scegliere un nome, tu eri sempre accanto a me».


«Noi non siamo legati, nessun vincolo ci unisce. Ad ogni passo scegliamo di camminare insieme».


Hanno appena cominciato questo discorso che un sorriso si affaccia da dietro gli occhi stanchi. Immediatamente fanno un passo indietro e si guardano, come due bambini. La ricchezza di un rapporto si concretizza nel momento della separazione, è vero. Li lasciamo quindi così, stavolta, sorridenti, occhi negli occhi, la punta delle dita appena trattenute dalle mani allargate. Noi dobbiamo andare, adesso, non sappiamo ancora cosa avverrà, ma lo scopriremo. Perché alcune storie finiscono, altre, invece, definiscono.