lunedì 10 settembre 2012

Giù dalla torre

In questi giorni penso spesso all'amore, una parola sola usata per dire molte cose diverse che a volte amore non sono, una parola ambigua che a volte nasconde lame, veleni, insidie ed altre volte obbliga ad una forma sola sentimenti che si trasformano e che, quindi, nella forma data non stanno. Ci vorrebbero per l'amore dieci, venti nomi diversi, come i nomi che Smilla conosce per la neve. Si ama l'altro da sé per una parola, un gesto, una immagine che suona e ci innamora, ci fa desiderare di conoscere e restringe il tempo, le ore che diventano secondi, i giorni ore. Non ci si basta. Una amica mi ha detto una volta che l'amore non si spiega, si fa. C'è mentre si fa, non c'è più dopo. Una bella cosa da dire per zittire il cretino che parla invece di concludere, ma non molto meglio del baciami scemo. Scopare è l'ovvio, è vero. Il desiderio prende una forma e si concretizza in questo, si cerca l'altro nelle parole, negli sguardi, nella voce, nella pelle ed il sesso è l'ovvia conseguenza. Ma è amore anche il desiderio dell'altro quando il sesso non c'è, l'amicizia esiste ed ha confini. Tutti significa in realtà nessuno e se il desiderio è per tutti allora si è, semplicemente, indifferenti, salvo poi chiamare l'indifferenza la follia di un momento. C'è chi tiene gli occhi aperti e non si lascia in pace un secondo e  chi invece si salva sempre in qualche modo, storpiando i nomi, inventando le parole, escogitando scuse plausibili alla propria meschineria, alla viltà, all'onnipotenza, ad una indifferenza rapace. Tutti bravi, buoni, giusti, tutti pieni di buoni motivi ed armati delle migliori intenzioni. 

Giù dalla torre butterei, di persona e uno ad uno, tutti quelli che si salvano l'anima. Perché l'anima non esiste, esistono le persone, per chi le sa vedere.