domenica 17 ottobre 2010

Piazza Cavour


Avevo appuntamento con gli editori in una piazza Cavour inesistente, ottocentesca, perfettamente quadrata e a cui si accedeva da un paio di ponti dalle ringhiere di ferro battuto che valicavano un minuscolo rivo che correva incasellato nei lastroni di pietra serena. Ricordavo la piazza come un luogo di aperitivi sciccosi, arrivavo e non c'era più, al suo posto un muro decrepito indicava il tempo trascorso da quella prima telefonata. La geometria della città nel frattempo era cambiata, l'appuntamento ormai irrisolvibile. C'era da avvisare il mio sodale dell'inconveniente, e nel sogno il volto era un altro e la comunicazione impossibile. Da sveglio non mi stupisco, il mio inconscio parla chiaro che probabilmente sa che ho orecchie poco allenate, nuove nuove, così mi interrogo sulle prossime mosse, che di arrendermi ad una incompiutezza non ci penso, ed i volti noti non mi sorprendono più. C'è da costruire un luogo nuovo in cui portare le terre rare, ed un nuovo modo per arrivarci. Una foto di quella piazza non esiste, esiste questa che un po' rende l'idea, anche se è un'altra cosa, ed ha anche un'altro nome.

1 commento:

  1. Ho visto le terre rare farsi palude in cui arrancava un uomo in trasformazione. Forse le deve lasciare a chi ha piedi palmati e pelle squamosa e cercare altre terre, rare e inesplorate, che più gli si confanno. O forse deve vincere e sopravviverci, conquistarle e piantarci la sua bandiera? Lui lo sa, dentro alla pancia.

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