domenica 31 ottobre 2010

Un passo indietro


Insieme camminano, mano nella mano, nuovi, tutti e due, e nuovo è anche il mondo che li circonda. Non sappiamo chi siano ma, se questa è una storia, allora saranno ovviamente un uomo e una donna. Camminano, dicevamo, tenendosi per mano e man mano che avanzano nel cammino, danno un nome alle cose che li circondano: Questa è una collina, dice lei, E quello allora è un albero, risponde lui, Questo è un sasso, Questa allora si chiamerà foglia, Sì, Sì, dicono, meravigliati ogni volta di questo loro trovarsi. Non fanno altro che questo, per molto tempo, oltre ovviamente alle cose che fanno un uomo ed una donna che si amano, e di cui taceremo. Una mattina, camminando, incontrano qualcosa, qualcosa a cui non sanno dare un nome e, siccome un nome non ce l'ha, neanche noi potremo dire con certezza di che cosa si tratti. E' una caverna, prova lui, No, è un rio, ribatte lei, come l'altro stupita di questa improvvisa distonia. Continuano così, tentando ogni nome conosciuto e inventato al momento, Maiolica, Pergolato, Abbaìno, Salloppo, ma è tutto inutile, un nome, insieme, non riescono a trovarlo. Tuttavia occorrerà saperlo se è una caverna o un rio, quello di fronte a cui si interrompe il cammino, pensa la donna. L'uomo invece fa un passo indietro, a lui quel coso non piace, d'un tratto che nome abbia non gli sembra poi così importante, gli pare di intuire occhi lupeschi in fondo alla caverna (se di caverna si tratta e non è detto) e non ha più voglia di uccidere lupi, per quanto sappia farlo e l'abbia fatto in passato. L'uomo nota che c'è un sentiero che aggira l'ostacolo, si chiami come vuole, questo aggeggio schifoso, a lui non toglierà il sonno. Guarda la donna invitandola a seguirlo, a lasciar perdere caverne e lupi e cose innominate con tutta evidenza pericolose. La donna, invece, va avanti. E' intelligente, la donna, e ha occhi bellissimi che non riposano mai. Non si volterà di fronte al nuovo, non camminerà intorno all'ignoto, andrà avanti e troverà quel nome, anche se questo dovesse costarle l'uomo che ama e da cui, anche per questa sua ostinazione, è riamata. Andrà avanti anche se in quel rio (ma se sia un rio non lo sappiamo) nuotassero lupi feroci, che lei saprebbe ammansirli con uno sguardo. Se si rincontreranno dall'altra parte della cosa sconosciuta, caverna o rio o cos'altro possa mai essere, non possiamo saperlo, che questa parte non è stata ancora scritta. Noi speriamo di sì.

martedì 26 ottobre 2010

Machinarium


L'altro giorno, dopo anni che non giocavo, mi sono imbattuto in questa avventura punta e clicca, un piccolo capolavoro di disegno e musica, con una immediatezza ed una serenità di gioco che mi ha ricordato i tempi d'oro della LucasArt e, anche, quel capolavoro di architettura fantastica che era Ico. Poesia.

La Città Incantata


Ultimamente mi capita spesso, leggere immagini e trovarci dentro qualcosa di nuovo e di mio, come un pezzo che mi fossi perso, chissà come, tanto tempo fa; qualcosa che riconosco, pur essendo nuovo e quindi diverso. Ritrovo le immagini e mi si bagnano un po' gli occhi. La roba che si muove è tanta e non è questo il post in cui troverò le parole, in questi giorni in cui il cuore si allarga in un colore che non conoscevo, mi basta riconoscere e riconoscermi. Le parole verranno, questo è il tempo del fare.

domenica 17 ottobre 2010

Piazza Cavour


Avevo appuntamento con gli editori in una piazza Cavour inesistente, ottocentesca, perfettamente quadrata e a cui si accedeva da un paio di ponti dalle ringhiere di ferro battuto che valicavano un minuscolo rivo che correva incasellato nei lastroni di pietra serena. Ricordavo la piazza come un luogo di aperitivi sciccosi, arrivavo e non c'era più, al suo posto un muro decrepito indicava il tempo trascorso da quella prima telefonata. La geometria della città nel frattempo era cambiata, l'appuntamento ormai irrisolvibile. C'era da avvisare il mio sodale dell'inconveniente, e nel sogno il volto era un altro e la comunicazione impossibile. Da sveglio non mi stupisco, il mio inconscio parla chiaro che probabilmente sa che ho orecchie poco allenate, nuove nuove, così mi interrogo sulle prossime mosse, che di arrendermi ad una incompiutezza non ci penso, ed i volti noti non mi sorprendono più. C'è da costruire un luogo nuovo in cui portare le terre rare, ed un nuovo modo per arrivarci. Una foto di quella piazza non esiste, esiste questa che un po' rende l'idea, anche se è un'altra cosa, ed ha anche un'altro nome.

venerdì 8 ottobre 2010

martedì 5 ottobre 2010

Rapporti

Un rapporto si fa in due, è l'Abc mi dicono, ed è vero. Ed è inutile chiedersi cosa ci sia o ci fosse, in un rapporto, perché il rapporto tra due persone nasce e tra quelle due persone resta, è incomunicabile all'esterno e, dall'esterno, ovviamente incomprensibile. Per questo non ha senso chiedersi cosa Tizio trovi o trovasse in Tizia, la risposta più ovvia è anche la più sana: cazzi loro. Però accade che ci sia chi dei suoi rapporti parla, racconta, lascia tracce pubbliche talvolta imbarazzanti. Esibisce, soprattutto, in una affermazione di sé un po' patetica che ricorda i muscoli gonfiati dei culturisti, che si gonfiano di steroidi per tutta la vita perché continuano a vedersi mingherlini. Così mi dico che uno che è moro non ripete ogni tre secondi "son moro", sennò vuol dire che lui per primo ha dei dubbi, si specchia e si vede biondo platino, chissà. Ma essere forti non è questione di muscoli così come la bellezza non ha niente a che vedere col corpo o l'intelligenza con l'imparaticcio. Così, in questo tentativo di comprendere mi perdo un po', con la pancia che brontola, che quello che vedo promette dolore e per anni ho avuto questa idea orrenda di proteggere gli altri, preservarli dalle brutture che intuivo, come se non le vedessero anche loro, come se non fosse la loro vita e le loro scelte. Ma nessuno protegge nessuno, né lo salva. Pensarlo è delirio di onnipotenza e negazione dell'altro, dico con parole non mie ma che mi suonano, sperando stavolta di non averle sbagliate. Le persone si salvano da sole, o non si salvano, come so fin troppo bene. E' tempo di tornare a fare quello che so fare, che gli altri hanno occhi aperti e intelligenza e sapranno destreggiarsi o,se batteranno musate, sarà ricerca e esperienza, anche quella. Amare è esserci, e magari dopo la musata saper fare una coccola. O dare due labbrate, a seconda, che anche quello si impara. Io ho la pancia e forse ho imparato a darle retta, così resto nel mio che certe cose, a leggerle, è come andare a rimescolar la merda collo steccolo, per citare il buon Sardelli.